IL MARE NON SI FERISCE, COME IL SANGUE

Non avrò sedie vuote per Natale.
Avrò sedie piene di altra gente.
Una persona quando esce dall’acqua non lascia un buco.
Il mare non resta ferito, non smette di fare onde e far navigare le barche e succedere albe e tramonti.
Il mare non si ferisce e nemmeno il sangue.
Essere come l’acqua.
Mettere via o non aprire altre sedie.
Chi se n’e’ andato, come l’acqua spostata, ne ha fatta arrivare altra.
Il mare dimentica, cancella.
Mi accoglie senza essere mio.
Il mare e’ di se stesso.
Così deve essere un ricordo.
Come l’acqua.
Come il mare e il sangue.
Non ferirsi e non ferire.

HELL CITY

E’ un piacere stare qui.
Dove la follia e’ la mia quiete,
il mio equilibrio,
la mia normalità.
E ringrazio il peccato,
che mi fa sentire salva dalla santità,
che mi fa sentire casta nella morale…
…perche’ la morale della favola e’ il lupo,
la balena,
la mela…
E la verità e’ all’inferno.
Perché il diavolo e’ Dio quando e’ in vacanza…

LA VITA E’ LIQUIDA

La soluzione alla vita e’ la vita stessa.
La soluzione alla vita e’ liquida.
Il dolore si scioglie nelle lacrime.
La paura nel sudore.
La morte nel seme.
Il tempo nella pioggia.
La fame nel mare.
La soluzione alla vita e’ la vita stessa.
Senza soluzioni.
Senza risposte.
Senza ragione.
Non va pensata.
Va sudata,
pianta,
scopata,
bevuta.
Ci si deve nuotare in mezzo
e ballare sotto.
Senza ombrello.
E annegarci,
morirci dentro.
Senza ragioni e soluzione.
Tra le lacrime,
nel mare,
sotto la pioggia,
sudati,
ubriachi di seme…

PER FAR LA VITA CI VUOL LA VITA

Ci vuole molto dolore
per mettere insieme un po’ di felicità.
Bisogna fare molti chilometri avanti
per riuscire a tornare indietro
e farci migliori anche lì.
Bisogna patire molta fame
per poi riuscire a sfamarsi,
non solo di cibo.
Bisogna odiare molto
per imparare ad amare bene,
per imparare ad amare.
Bisogna mangiare molta terra
per farsi crescere le ali…
…ma non potremo volare mai.
Basta nascere
per poter morire.
Non basta vivere,
per vivere.

DOVE SI TROVA LA FELICITA’?

(Dappertutto)

Dove posso trovare la felicità?
Dappertutto.
Dove ci sono io c’e’ la vita e la morte,
c’è il dolore e la felicità che posso,
che so che posso e che ho provato.
Dove ci sono io ci sono le lacrime e i sorrisi,
le corse e le cadute.
Come nel mondo ci sono i mari e i monti,
i cieli e le terre,
l’infinito e il finito.
La felicità e’ dappertutto,
nelle cose belle e in quelle brutte,
nel dolore e nella gioia.
Ovunque io possa pensare.
Ovunque io possa scrivere la mia storia.
Io sono scrittore di me.
Posso scrivere che sono felice,
in qualunque momento.
Io vivo la mia vita e vivrò la mia morte.
Nessuno mi ha detto che smettero’ di pensare.
Che smetterà di esserci un dappertutto.
Della gioia e del dolore.
Allora la felicità e’ ovunque.
Ovunque ci sono io.
Che posso scrivere.
Pensare.
Vivere.
La morte e la vita.
Con la felicità.
Che io sia triste o felice.

SEX…IT DEPENDS

Per me il sesso era come ammazzare un nemico.
Per raggiungere un orgasmo, per ammazzare il nemico, non importava come, come ci arrivavo, l’importante era arrivarci, in fretta e ottenere il risultato.
Se non venivo era come lasciare il nemico in fin di vita ..che avrebbe potuto guarire e essere ancora pericoloso per me.
Essere ancora mio nemico.
Dentro e fuori. Di me.
….
A volte nella mente percorro strade più rischiose dello stesso pensiero che raggiungo, come quando cercavo sesso.
Non importava quanto era rischiosa la strada per raggiungere e trovare un orgasmo. Luoghi e persone che non conoscevo bene. Comportamenti di me che non conoscevo bene e che non avevo mai messo in pratica.
Non importava la modalità con cui cercavo o mi facevo cercare dagli uomini o gli sceglievo o mi facevo scegliere. O accettavo uomini che non mi piacevano solo per fare numero.
Non mi importava delle malattie, se mi avrebbero potuto fare del male, chiedere cose che non volevo fare….cose poi che sono successe…non gravi ma che sono successe. O forse gravi visto quello che mi e’ successo. Dentro.
Posti squallidi, odori squallidi e sgradevoli. Fisici e facce che non mi piacevano. Nomi che non mi piacevano. Nomi con cui mi chiamavano che non mi piacevano. Posti dove mi toccavano che non mi piacevano.
Male fisico. Tanto male morale. Tanta paura. Tante vomitate.Tanti soldi buttati via.
In terapie. Shopping compulsivo. Farmaci. Cibo. Canne. Psichiatri. Benzina. Telepass. Analisi cliniche.
Per Aids. Gravidanze indesiderate. Epatiti…

SONO NORMALE, NON CASTA!

Non credo nella castità.
Credo nei fluidi corporei.
Credo nella carne e nel sangue.
Nella mia pelle che si ferisce quando mi faccio male.
Nel cuore che cede a un infarto per un dolore.
Credo all’acquolina in bocca quando ho fame e vedo o penso al cibo o ne sento il profumo.
Credo al mio inumidirmi che non se ne può parlare quando ho voglia di sesso o vedo un sesso che mi piace.
Credo al mio sudore quando faccio fatica o quando fa caldo o non sto bene o temo.
Credo alle mie lacrime.
Al mio naso che gocciola col freddo o lo starnuto.
Credo alle mie deiezioni.
Credo ai miei umori tutti, fisici e psicologici.
Credo non siamo nati per sognare ma per soddisfare desideri.
Credo in fondo che siamo nati più per fare che per essere.
Credo che si è più peccatori reprimendo un desiderio che soddisfacendolo, non nuocendo a nessuno.
Che negando a se stessi il piacere e la soddisfazione del desiderio si nuoce a se stessi e non c’è peccato più grande che farsi del male, far del male a se’.
Che e’ contro natura.
Come negarsi cibo e acqua.
Impedirsi di sudare.
E’ normale anche desiderare ricchezza.
E’ umano.
Non posso togliermi tutto perché so che non potrò avere tutto di tutto.
Ma e’ umano desiderare tutto il possibile.
Non sono casta.
Desidero.
Amo il piacere e la carne e la mia carne umana me lo dice.
Sono normale ma non casta.
Piango, ho l’acquolina, sudo, mi bagno.
Mi ha fatto così Dio se proprio volete!!
E mi accontento di poco solo quando devo.

HO FAME

La vita e’ fame.
Tutto un attaccarsi a un seno.
Nasciamo e ci attacchiamo a una tetta.
Abbiamo bisogno di energia per vivere.
Dell’energia degli alimenti e ci attacchiamo al seno del cibo.
Abbiamo bisogno di sicurezza e ci attacchiamo al seno dell’amore.
Abbiamo bisogno anche di insicurezza e ci attacchiamo al seno della rabbia.
Abbiamo bisogno di bellezza effimera e ci attacchiamo al seno della ricchezza.
Abbiamo bisogno di riprodurci e ci attacchiamo al seno del piacere.
Abbiamo bisogno di odio quando la fragilità si inceppa e ci attacchiamo al seno dello scontro.
Abbiamo bisogno di nuovo e ci attacchiamo al seno del viaggio.
Abbiamo bisogno anche di distruzione quando il giudizio sul costruire fa più paura del morire e ci attacchiamo al seno della morte.
Abbiamo fame.
La vita e’ avere fame.
Di cibo, amore, odio, rabbia, viaggio, morte.
Famelici per diventare famosi, magari immortali.

SMELL OF MADNESS

Non mi è mai piaciuto disegnare dentro ai contorni.
Non credo di aver mai amato o odiato solo dentro ai confini del cuore.
Pensato dentro ai confini della mente.
Sono pazza,
come tutti i pazzi ho inventato pensieri e sentimenti per sopravvivere, o meglio, per vivere di più.
Ho dato tutta me stessa alla vita e alla morte e ho creato altri pezzi di me,
appendici e parti aeree da far volare via come palloncini in cielo una volta che non mi servivano più.
Sono pazza.
Annuso il cibo e le emozioni,
l’odore che i pensieri che scorrono nelle mie vene danno alla mia pelle.
L’odore del male e del bene.
Adoro il piacere.
Come tutti i pazzi sono doppia e tripla per averne di più,
ma anche più dolore,
e pazzia.
Finché il dolore diventa casa dove trovare conforto e serenità.
Finché il dolore diventa la profondità della mia prossima gioia.
I pazzi non stanno mai fermi,
neppure nel sonno.
Non sognano,
vivono.
I pazzi parlano con la morte,
discutono con l’aria che gli dà la vita,
ne mettono da parte una fetta per le notti afose o senza luna… come fosse una torta da gustare.
I pazzi parlano coi pensieri,
con la solitudine,
col sangue e la fame.
L’odore della solitudine,
del sangue,
della fame…
L’odore della pazzia.
Sa di pioggia scaldata dal sole d’agosto sull’asfalto bollente.
Toglie il fiato.
Ma dopo è bellissimo riprenderlo.

VITA SIGARETTA

Brucio vite come sigarette.

Una non dura come un’altra,

non ha il sapore dell’altra.

Non la fumo sempre nello stesso posto,

il fumo,

gli scarti,

vanno sempre in direzioni diverse.

A volte me l’accende qualcuno,

a volte la spengo con forza.

Altre la butto via a metà e ci pensa la pioggia,

i passi della gente,

finisce da sola,

senza di me.

Le lascio il rossetto,

le lascio la rabbia,

le lascio i sorrisi,

comunque,

le lascio un po’ di me.

E lei, di lei, a me.

Che puzzo un po’,

che non è sempre apprezzata da chi incontro e mi giudica da quella già finita.

Stronzata.

La vita passiva di chi attacca una risata perché ridi te.

Senza sapere il perché.

Neanche di quando ne ho spente col pianto e ne ho accese coi falò dei miei non farò più.

Non smetterò.

Di fumare in testa per pensieri rasta che il balsamo non basta a trovarne uno con un titolo per sé.

Vabbè.

Fumo e consumo vita,

la sigaretta finita è un colpo al cuore,

il mio dolore quotidiano che non è il mio pane che spezzo in mano da offrire a chissà chi.

Non finirà così.

Mi giro tra il mio fumo e lascio la mia sagoma.

Sodoma e Gomorra,diavolo e Dio,

torre di Babele.

Sigarette e candele.

Fuochi fatui.

L’artificio sono io che come vita ho scelto…di non smettere di accendermi.

Chiara Domeniconi