Brucio vite come sigarette.
Una non dura come un’altra,
non ha il sapore dell’altra.
Non la fumo sempre nello stesso posto,
il fumo,
gli scarti,
vanno sempre in direzioni diverse.
A volte me l’accende qualcuno,
a volte la spengo con forza.
Altre la butto via a metà e ci pensa la pioggia,
i passi della gente,
finisce da sola,
senza di me.
Le lascio il rossetto,
le lascio la rabbia,
le lascio i sorrisi,
comunque,
le lascio un po’ di me.
E lei, di lei, a me.
Che puzzo un po’,
che non è sempre apprezzata da chi incontro e mi giudica da quella già finita.
Stronzata.
La vita passiva di chi attacca una risata perché ridi te.
Senza sapere il perché.
Neanche di quando ne ho spente col pianto e ne ho accese coi falò dei miei non farò più.
Non smetterò.
Di fumare in testa per pensieri rasta che il balsamo non basta a trovarne uno con un titolo per sé.
Vabbè.
Fumo e consumo vita,
la sigaretta finita è un colpo al cuore,
il mio dolore quotidiano che non è il mio pane che spezzo in mano da offrire a chissà chi.
Non finirà così.
Mi giro tra il mio fumo e lascio la mia sagoma.
Sodoma e Gomorra,diavolo e Dio,
torre di Babele.
Sigarette e candele.
Fuochi fatui.
L’artificio sono io che come vita ho scelto…di non smettere di accendermi.
Chiara Domeniconi
Mia madre fuma da una vita, io per tutto il post (e la vita) ho continuato a pensare che le canne profumano di più.
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Le canne profumano di più e fanno meglio.
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